Monumento ai martiri della regione
PAROLE DEL PREFETTO: Qui dove le bombe nemiche diroccarono la vecchia sede della prefettura si erge questa mole voluta dal governo democratico e costruita dai tecnici e dalle maestanze del Genio Civile per attestare ai venturi che l’Italia non si arrende all’avverso destino e risorge più bella dalle rovine e dal sacrificio (Giugno 1957, E. Chiaromonte)

Ci sono trame del XIX secolo poco conosciute, che nascono e si sviluppano nella provincia italiana, lontano dai centri di potere e,apparentemente, ai margini della storia. Ovunque, lungo la penisola, si sviluppa una spinta alla mobilitazione, a “macchia di leopardo” come se il vento sia annidato tra le nobili città, gli antichi borghi, le valli coltivate, i boschi e i cavalli. È il Risorgimento italiano, un fenomeno discontinuo ed eterogeneo, partito dall’istanza delle libertà civili e politiche, e approdato al concetto di indipendenza e unità nazionale. Nato non soltanto per la determinazione di singoli protagonisti, ma come espressione della volontà di emancipazione e progresso di un intero popolo. Molti eroi rischiano l’oblio nel volgere di poche generazioni, schiacciati dalla crudele e cinica indifferenza di un’ umanità reificata. Emblematico è il caso di Nicola Ricciotti, patriota martire, la cui fama di combattente, nel corso di tutto l’ ‘800 può essere paragonata a quella di cui gode Ernesto Che Guevara nel ‘900. Garibaldi volle ricordarne l’esempio chiamando il proprio quarto figlio “Ricciotti”. Quest’ultimo volle essere presente quando nel 1910 fu inaugurato il “Monumento a Nicola Ricciotti e ai martiri delle Regioni” in piazza della Libertà a Frosinone, ai cui piedi riposano le ceneri dell’eroe Luigi Angeloni, cugino di Ricciotti e figura centrale del Risorgimento. Ricciotti nacque nel 1797 a Frosinone nella provincia di Campagna e Marittima, Stato Pontificio, da una famiglia di notai, avvocati e medici. Il piccolo centro papalino, a partire dagli anni 10 dell’ ‘800, vide fiorire la carboneria e la massoneria.
Oggi, dopo l’ultimo restauro, appare nelle sue forme e colori eterni, così come da anni non succedeva più. Il sacrario monumentale, dopo essere stato nuovamente godibile, torna a restituire ai passanti una storia che nessuno vuole dimenticare. Nel complesso il monumento conquista per la sua stazza, il suo salire verso il cielo e per l’armonia delle sculture realizzate da Ernesto Biondi, che raffigurano una serie di personaggi stretti ed incatenati, tutti attorno ad un obelisco sul quale svetta la figura di una dea femminile seduta e con un’asta in mano. Al passante non sfugge la sacralità del manufatto; su di esso è inciso nel suo lato esposto a sud verso la facciata della chiesa di S. Benedetto, la dedica a Nicola Ricciotti, anche sostenitore dei temi dell’Illuminismo, che lottò in tutta Europa al fianco dei tanti rivoluzionari per la libertà dei popoli. Questo capolavoro dell’artista Biondi vedrà la luce nei primi del 1900, appare ribadire alcuni riferimenti anche a teorie “ostili” al papato, celate ad occhi poco attenti.